Non
è tutto oro quel che luccica
Di Dante Balbo e Vera Podpecan
Non tutte le storie sono a lieto fine e non ci consola sapere che senza di noi
sarebbe andata peggio.
Quello che vi presentiamo oggi è il caso di due fratelli, contro i quali
la vita si è accanita in modo singolare, anche se a questo accanimento
forse abbiamo contribuito noi, un paese civile e democratico.
Ma bando alle chiacchere e lasciamo la parola a chi di questa vicenda si è
occupata direttamente.
GIUDIZIO E PRE GIUDIZIO
Spesso quando si parla di stranieri provenienti dai Paesi balcanici, il nostro
pensiero corre a notizie lette sui quotidiani o ascoltate attraverso i mas media.
Sono normalmente notizie che raccontano di fatti negativi, legati a violenza,
droga e prostituzione. Spesso neppure noi ci accorgiamo che il salto, dal caso
personale alla generalizzazione di un giudizio negativo è molto facile.
Certo, ci sono situazioni negative, queste devono essere condannate e le persone
coinvolte devono a nostro avviso essere allontanate dalla Svizzera; ma è
troppo facile generalizzare. Ci sono migliaia di persone che sono scappate dalla
Croazia, dalla Bosnia ed Erzegovina, dal Kossovo e da altri Paesi perché
sono vittime della violenza. La terra svizzera, già prima della guerra
aveva accolto persone straniere, che, non dobbiamo dimenticarlo, hanno permesso
alla nostra economia di crescere e creare benessere. Queste persone, molto spesso
hanno vissuto in condizioni difficili di privazione e disagio. II loro guadagno
attraverso occupazioni semplici ed umili, ha normalmente permesso ad un gruppo
più grande di familiari di vivere nei paesi di provenienza. La storia
che vogliamo presentare oggi racconta di persone che fanno parte di quest'ultima
categoria. Venute dalla Bosnia ed Erzegovina negli anni settanta, dopo una vita
di lavoro e di sacrifici, con pensioni minime sono ritornate in Croazia (capiremo
in seguito perché in Croazia e non nella loro terra d'origine)
LA STORIA
Maria proviene da un piccolo villaggio della Bosnia ed Erzegovina. Vive nella
casa paterna con il fratello Marco e la cognata. Maria e Marco da piccoli sono
rimasti orfani di padre e più tardi della madre. Hanno ereditato del
terreno e, coltivandolo, hanno potuto per un certo tempo, vivere tranquilli.
Maria si sposa e dopo qualche mese rimane vedova. Marco non ha figli. Pur avendo
un terreno abbastanza grande, la famiglia in questione non ha alcun futuro nel
proprio paese. In fatti la situazione economica non permette di trovare un altro
lavoro, e quello di contadino non rende. Bisogna riattare la casa, mettere il
riscaldamento, acquistare un trattore e altro, bisogna assicurarsi la vecchiaia.
Così negli anni '70 Maria, che allora aveva 36 anni, decide di trasferirsi
in Svizzera. Subito trova lavoro in una lingeria d'albergo, prima da stagionale
poi con il permesso annuale, e in fine con il permesso di domicilio. L'idea
era di risparmiare qualcosa e poi tornare a casa. Visto che la situazione economica
nel loro paese peggiorava Marco decide di seguire la sorella e così viene
anche lui in Svizzera nel 1976. La moglie di Marco rimane a casa per curare
i bambini nati nel frattempo, e coltivare la terra. Qui, per risparmiare qualcosa,
hanno sempre vissuto nella camera del personale. La loro vita trascorreva tra
lavoro e questa stanza d'albergo. La maggior parte dei risparmi sono stati investiti
nella casa in Bosnia, e verso gli anni 90' avevano intenzione di lasciare definitivamente
la Svizzera.
UN TERRIBILE IMPREVISTO: LA GUERRA
Purtroppo lo scopertine/coppio della guerra prima in Croazia e poi in Bosnia ed Erzegovina
ha loro impedito di rientrare nel proprio villaggio. La moglie di Marco all'inizio
della guerra, prendendo con se poche cose scappa in Croazia. Con la pace di
Deyton, la loro casa è stata divisa a metà: una parte si trova
sotto il controllo dei croati e l'altra metà sotto il controllo dei serbi.
Maria e Marco, hanno perso tutto, non possiedono più una casa, non hanno
più nulla. Decidono di rimanere in Svizzera. Acquistano una vecchia e
malandata casa in Croazia.
CARITAS TICINO: UNA SPIAGGIA NELLA BUFERA
Marco nel 1995 subisce un infarto. II nostro servizio a questo punto viene coinvolto.
Non riesce più a lavorare e, dopo l'attesa necessaria si fa la domanda
di rendita AI. La burocrazia si fa molto complicata e per ottenere l'invalidità
vengono spese molte energie. Alla fine l'invalidità è definitivamente
respinta, Marco comunque non può lavorare. La vita in Ticino diventa
ancora più difficile. I soldi dell'assistenza bastano per pagare l'affitto
e altre dovute spese; a 65 anni Marco riceve I'AVS fr. 545. per sé e
per la moglie. Nel mese di settembre dello stesso anno, la sorella ha un incidente
sul lavoro che le provoca prima l'inabilità e poi l'ottenimento di una
rendita AI. Riceve una rendita di fr. 593,. Le rendite non permettono a Marco
e Maria di vivere in Ticino. Decidono allora di ritornate a casa. Non più
in Bosnia ed Erzegovina, ma in Croazia. La loro terza e non sarà un periodo
di pace e serenità, perché in Croazia devono cominciare a ricostruire
la casa e la loro vita.
SINTESI E NOTE UTILI
Cosa ci insegna l'incontro con questa situazione:
1. II rischio di generalizzare un giudizio negativo è sempre grande;
2. Ogni persona deve essere accolta con la sua storia e la sua particolarità;
3. Queste persone se fossero state da sole non avrebbero mai potuto beneficiare
dell'AVS e dell'AZ.
Infatti la domanda a queste istanze e tutto il resto è stato fatto grazie
ai nostri uffici: la burocrazia
inghiotte ben altro che una copertine/coppia di fratelli sprovveduti;
4. pur avendo vissuto più di vent'anni in Ticino, queste due persone
non hanno mai potuto imparare
l'italiano: sarebbe importante creare delle possibilità di studio della
lingua italiana anche per le
persone più semplici;
5. pur avendo lavorato più di vent'anni regolarmente, queste persone,
ora anziane, si trovano a dover
vivere con una copertine/copertura assicurativa minima e, inoltre, tornando in Patria
devono ricominciare una
vita da capo.
POSTILLA
Di fronte a storie come questa si oscilla sempre un po' fra il sentimentalismo
che fa il successo di una quantità di produzioni televisive basate sul
dolore altrui e il moralismo che ci autocondanna come occidentali cattivi e
insensibili. La coscienza di questi rischi è tuttavia un fatto già
molto importante, perché allora possiamo tradurre questa esperienza nel
nostro quotidiano, mutando il nostro sguardo sulle persone che ci circondano
e ci interpellano dalla loro unicità e diversità, sia che siano
nati a Chiasso o a Valona, a Cevio o a Santo Domingo.